venerdì 13 marzo 2009

Caso Eternit, da Francia, Belgio e Svizzera per il convegno torinese 'Amianto: dramma internazionale'

http://www.ecodelpiemonte.org/caso-eternit-da-francia-belgio-e-svizzera-per-il-convegno-torinese--amianto-dramma-internazionale-.htm

Convegno sul caso piemontese della Eternit e lo scenario internazionaleLa tutela delle vittime dell’amianto, la sicurezza dei luoghi di lavoro, il risanamento ambientale e lo smaltimento del materiale nocivo sono stati i principali argomenti trattati durante il convegno “Amianto: dramma internazionale”, che si è tenuto questa mattina a Torino, presso il Museo Regionale di Scienze Naturali. In occasione dell’apertura dell’udienza preliminare relativa al procedimento penale di portata nazionale sulle vittime dell’amianto, fissata a Torino per il 6 aprile, la Regione Piemonte ha voluto organizzare una giornata di studio per affrontare in particolare le problematiche giuridiche della tutela delle vittime.
Il caso della lavorazione industriale dell’amianto -sottolinea l’assessore al Legale della Regione Piemonte, Sergio Deorsola- e delle sue vittime si è delineato come una tragedia di portata internazionale. Per questo è opportuno affrontare il tema della tutela delle vittime anche dal punto di vista giuridico e attraverso un approccio trasnazionale.
Avvocati italiani e provenienti da Francia, Belgio e Svizzera, rappresentanti delle istituzioni, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e delle associazioni delle vittime in Europa e delle Regioni Emilia Romagna e Campania, hanno esaminato il caso piemontese degli stabilimenti Eternit di Casale Monferrato e Cavagnolo, confrontandolo con gli altri siti italiani della produzione Eternit e analoghe situazioni in Europa.
L’attenzione della Regione Piemonte sulla vicenda dell’amianto -prosegue Deorsola- si traduce in interventi concreti per la bonifica ambientale nelle aree esposte, nel sostegno alle persone affette da malattie dovute all’esposizione all’amianto e in azioni che coinvolgano gli enti locali e mantengano viva l’attenzione sulle problematiche legate all’amianto.
Nel 2008 è stata approvata la legge regionale “Norme per la tutela della salute, il risanamento dell’ambiente, la bonifica e lo smaltimento dell’amianto” per la salvaguardia dall’inquinamento da fibre di amianto nei luoghi di vita e di lavoro, la bonifica di siti, impianti, edifici e manufatti, per il sostegno alla ricerca nel campo della prevenzione, della diagnosi e della terapia, il sostegno alle vittime dell’amianto e la promozione di iniziative di educazione e informazione finalizzate a ridurre il rischio. Nell’agosto dello stesso anno la Regione ha istituito inoltre il “Centro regionale per la ricerca, la sorveglianza e la prevenzione dei rischi da amianto”, con sede a Casale Monferrato. Tra i compiti principali del Centro ci sono l’aggiornamento e la gestione del Piano regionale amianto, la pianificazione strategica delle attività di ricerca sull’epidemiologia, la prevenzione, la diagnosi e il trattamento delle patologie legate all’amianto, nonché il coordinamento nazionale dei progetti su questo tema del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive (CCM) del Ministero della salute.
(Uff stampa Regione Piemonte)

lunedì 9 marzo 2009

Un mostro chiamato Eternit

http://www.ilriformista.it/stories/Prima%20pagina/55872/

IL BESTIARIO di Giampaolo Pansa

Mi sento in colpa per non aver mai scritto una riga sul pericolo dell’amianto e sull’Eternit, l’azienda che lo lavorava. Il cuore dell’Eternit, con lo stabilimento più grande e il vertice della società, stava nella mia città, Casale Monferrato.

Chiamarla fabbrica della morte è poco. A Casale l’Eternit ha già ucciso 1.649 persone. E altre ne ucciderà, perché la gente continua a morire. Ad andarsene c’è pure chi non aveva mai lavorato all’Eternit. La malattia che li ammazza è il mesotelioma pleurico. Dicono che abbia un’incubazione lunga, può durare quarant’anni. Forse io l’ho scampata. Ma a stabilirlo sarà soltanto il Padreterno.

Adesso i giornali si occuperanno di questa strage. Il 6 aprile comincerà a Torino il processo all’Eternit e sarà uno scontro duro. Il pubblico ministero che ha condotto l’inchiesta è un magistrato famoso per l’abilità e il coraggio: Raffaele Guariniello. Bisognerà seguirlo con attenzione. Anche perché riporterà sulla scena una città che è stata importante nella vicenda industriale italiana.

Nel passaggio fra l’Ottocento e il Novecento, nel Monferrato casalese, i ragazzi poveri avevano tre possibilità. La prima era di lavorare nelle cave di marna. Lo facevano in condizioni bestiali. Consumavano la vita sottoterra, senza protezioni, rischiando di morire bruciati dal grisou. Le paghe erano misere. I cavatori rientravano a casa di notte, disfatti, terrei, senza altro orizzonte che ridiscendere nel buio il giorno dopo. “I sepolti vivi” li avrebbe chiamati nel 1913 “La Fiaccola”, il settimanale socialista di Casale.

L’abbondanza di ottime marne calcaree, la materia prima della calce e del cemento, regalò alla città il boom dei cementifici. Ecco la seconda occasione di lavoro. All’inizio del 1900 quelle fabbriche erano più di cento. Vista dall’alto della salita di Sant’Anna, Casale offriva un profilo infernale. Una sterminata batteria di ciminiere, affilate come missili, sparava un fumo sempre più denso e acre. I tetti delle case erano bianchi. Nella calura estiva l’aria diventava irrespirabile. Non oso immaginare quale fosse l’ambiente interno ai cementifici.

Nel 1906 spuntò una terza possibilità. Dei genovesi impiantarono a Casale una fabbrica d’avanguardia. Produceva tegole piane fatte di cemento e di amianto, secondo il brevetto di un austriaco. L’invenzione venne chiamata Eternit perché garantiva una durata eterna del prodotto. Dalle tegole si passò alle lastre, poi ai tubi per gli acquedotti e le fognature. E lo sviluppo dell’azienda fu trionfale.

L’Eternit arrivò a occupare 2.400 uomini, ma quelli che ci sono passati pare siano quasi cinquemila. Fu la nostra Fiat. Lavorare all’Eternit era un privilegio. Il posto risultava garantito. Ci lavorò anche il fratello più giovane di mio padre, Francesco Pansa, classe 1901. Operaio a quindici anni. Poi montatore dei grandi tubi, soprattutto in Bassa Italia. Stufo dell’Eternit, emigrò in Argentina, ma dopo due anni ritornò a Casale, sempre all’Eternit. La sua fortuna fu di sposare la tredicesima figlia di un pescatore del Po. Che portò in dote la licenza per aprire un’osteria. Quando lo zio Francesco morì, nessuno si pose il problema se l’avesse ucciso o no l’amianto.

Il mostro dell’Eternit chiuse i battenti nel 1986, per fallimento. Si estendeva su 94 mila metri quadrati, metà dei quali coperti con quel prodotto maledetto. Una bomba nucleare sul fianco destro del Po. Si è poi scoperto che la lavorazione dell’amianto aveva creato una nuova spiaggia lungo il fiume. Aveva un colore bianco brillante. Un grande velo di sposa che nascondeva un numero spaventoso di morti.

Le cifre conosciute dicono che l’Eternit ha ammazzato a Casale 1.649 persone. Suddivise così: 1.020 sono operai e impiegati che avevano lavorato in quella fabbrica, 375 sono le vittime di patologie legate all’amianto e 254 sono donne e uomini che non hanno mai messo piede all’Eternit. È la terza cifra che rende la strage ancora più terribile. Il mesotelioma pleurico ha ucciso a caso gente che si riteneva al sicuro, mai vissuta vicino alla fabbrica e impegnata in altri lavori. Tra i morti c’è pure chi aveva lasciato Casale da giovane, senza più tornarci.

Se la strage è emersa lo si deve soprattutto a un sindacalista e a un giornale. Il primo è Bruno Pesce, dirigente della Cgil e già segretario della Camera del lavoro cittadina, che oggi guida il comitato dei superstiti. Il giornale è “Il Monferrato”, storico bisettimanale di Casale. Diretto da Marco Giorcelli, alla fine del gennaio 2009 ha cominciato a pubblicare gli elenchi di tutte le vittime dell’Eternit. Sono rimasto sconvolto nel leggere, numero dopo numero, quella spaventosa Spoon River. L’anagrafe del cimitero dell’amianto: cognome, nome, data di nascita, data di morte.È un elenco che andrà aggiornato.

A Casale l’Eternit continua a uccidere, al ritmo di venti, venticinque persone all’anno. L’ultima vittima è di qualche settimana fa. Si chiamava Alberto Sartor, 70 anni, un imprenditore che da geometra aveva lavorato all’Eternit. La malattia gli era stata diagnosticata quindici mesi prima. Immagino che anche lui sia morto fra molte sofferenze. Per dirla in soldoni, il mesotelioma ti soffoca. È il cappio di un boia che si stringe attorno al collo, giorno dopo giorno.

Al processo ci saranno più di cinquemila parti civili. Non vorrei essere nei panni dei due signori sul banco degli imputati. Un barone belga e un riccone svizzero. Il mostro dell’Eternit non gli costerà come il ponte di Messina, ma siamo lì.

Giampaolo Pansa