venerdì 4 dicembre 2009

Eternit: 300 rose e 3000 fiaccole. Giovedì il processo

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Un processo lungo e difficile ma che i magistrati di Torino intendono portare avanti con il massimo impegno.
Due udienze a settimana, e una attenzione anche per l’aspetto organizzativo che fa comprendere come il Tribunale abbia valutato anche il forte impatto sociale che ha il processo, un dibattimento che chiede una parola di giustizia su un disastro senza pari.
Una notizia positiva che il professor Davide Petrini, del collegio dei legali che rappresentano le parti lese (ben 1900 famiglie), ha comunicato martedì pomeriggio all’assemblea delle vittime dell’amianto sottolineando che «sul banco degli imputati non c’è, questa volta, qualche dirigente o qualche direttore di stabilimento, ma i gestori di quella sorta di multinazionale dell’amianto che operava in Italia e in altre parti del mondo».
Un processo che avrà indubbiamente ricadute anche in altre parti d’Europa, perché il quesito a cui dovrà rispondere - ha detto l’avvocato - è: «Chi prendeva realmente le decisioni per gli stabilimenti italiani e di altri Paesi»?

Prima la salute, poi il denaro
Una valutazione fatta precedentemente da Alain Gherif presidente dell’ANDEVA francese, l’associazione delle vittime e dei familiari dell’amianto che in Francia conta ben 22mila iscritti.
«Da 14 anni chiediamo un processo in Francia perché i responsabili rendano conto alla società. I responsabili devono pagare per i loro delitti. In Francia il principale industriale del settore è stato imputato solo la scorsa settimana e questo perché il processo di Torino è stato esemplare. Vogliamo che la Francia segua l’esempio dell’Italia, perché si affermi che la salute deve venire prima del denaro e che i padroni non hanno diritto di vita e di morte sui loro lavoratori».
Sembrerebbe un paradosso dover conquistare il rispetto per la vita, e invece, nella civilissima Europa, non è neppure scontato che la giustizia se ne occupi. E una strage sotto gli occhi di tutti rischia di restare senza responsabili, a meno che non siano i cittadini che chiedono a gran voce che sia istruito con mezzi adeguati a svolgere una vera indagine.

L’udienza del 10 dicembre
L’udienza del 10 dicembre - ha fatto presente Petrini - dal punto di vista procedurale sarà pura e semplice burocrazia.
Si tratterà della costituzione delle parti civili ma avrà un valore simbolico enorme, perché sarà comunque l’apertura del più grande processo per amianto che si sia mai messo in piedi.
Il primo testimone dell’accusa - la voce cioè che porterà nel vivo del processo e che aprirà quindi il grande capitolo dell’accertamento delle responsabilità, il lungo confronto per capire chi e come ha inquinato un intero territorio con l’amianto causando migliaia di morti- verrà sentito dopo un certo numero di udienze, quando saranno finite le “scartoffie”, necessarie, indispensabili e da compilare con la massima accortezza per evitare che il processo sia affossato per delle stupidaggini.

Processo breve ma...
Il processo, se verranno rispettati i tempi calendarizzati dai magistrati potrebbe arrivare a conclusione entro un paio di anni, perciò sarebbe fuori dal rischio prescrizione, attualmente comunque inesistente, ha detto Petrini, anche per altri motivi: perché sono esclusi i delitti per violazione delle normative di tutela dei lavoratori e perché le pene previste sono superiori al fatidico tetto (i 10 anni) ipotizzato per la prescrizione. E anche l’assessore regionale all’Ambiente Nicola De Ruggiero su questo punto ha auspicato che il processo sia «breve perché si giunge a una conclusione in tempi rapidi e non perché qualcuno a Roma decide che deve essere un processo breve...».

I risarcimenti
Altro capitolo fondamentale la responsabilità civile.
«Tutte le società che fanno capo all’imputato belga e a quello svizzero», ha detto l’avvocato Davide Petrini, «sono state chiamate in causa affinché non sia il singolo imputato a risarcire».
L’aspetto del risarcimento è infatti fondamentale, e fondamentale è dunque trovare soggetti solvibili, che abbiano risorse per evitare che si ripeta la storia dell’Eternit, fallita e scomparsa quando la partita dell’amianto in Italia cominciava a diventare in gioco troppo pericoloso.

La giustizia e la «cupola»
La giustizia sembrava irraggiungibile, sembrava impossibile arrivare alla «cupola» - ha detto Bruno Pesce, coordinatore del Comitato Vertenza Amianto, ricordando l’importanza ma anche il limite del processo del ‘93 che aveva portato in aula solo i dirigenti dello stabilimento e sottolineando che ormai si è allo «scontro diretto, ravvicinato con la controparte».

La spia di Schmidheiny
Alcune centinaia di vittime non hanno accettato il risarcimento offerto da Stephan Schmidheiny pur avendo lavorato nel periodo svizzero, accolto da circa 400 persone.
Pesce ha anche parlato di una spia pagata per riferire agli svizzeri: «Per qualche decina di migliaio di euro veniva tutti i giorni a chiedere notizie che poi riferiva... poverina... dico poverina perché era una donna».
Il nome Pesce non lo ha pronunciato (tutti lo conoscono), poi ha aggiunto: «Sanno tutte le nostre mosse e forse adesso ce n’è un’altra. E la nostra manifestazione di oggi è anche per mandare i nostri saluti a lui e alla sua spia...»

Le tv europee
Presenti martedì tivù e giornalisti provenienti da Francia, Belgio, Svizzera e anche delegazioni di associazioni che si battono contro l’amianto provenienti da Reggio Emilia, Cavagnolo, Francia.
Dalla Francia ha fatto sapere - Alain Gherif, ci saranno almeno 200 persone a Torino il 10 prossimo dicembre, «ma ci sarà la solidarietà di tutti gli altri che non potranno essere presenti».
E a Torino quel giorno ci sarà anche un pullman di sindaci con la fascia tricolore e rappresentanti delle istituzioni, ha annunciato il primo cittadino di Casale Giorgio Demezzi, come testimonianza di un territorio e di una popolazione colpiti dalla tragedia dell’amianto.

Le testimonianze
Tra le testimonianze anche quella di un giovane di Roma, Giulio Paparella il cui padre, Domenico, dirigente sindacale della FLM, è stato ucciso dall’amianto: «A Roma ci sono case quasi completamente costruite in eternit, ha detto, scuole dove il cortile è di polverino». E la bonifica non è ancora partita.
Immancabile la testimonianza di Romana Blasotti Pavesi che ricordando la lunga lotta si è detta sempre «emozionata per la grande partecipazione».

La battaglia di tutti
Tanta gente - circa tremila persone - e tanti rappresentanti delle istituzioni presenti all’assemblea e alla fiaccolata che si è snodata fino all’ingresso degli ex stabilimenti dove sono state deposte trecento rose bianche in ricordo delle vittime.
Tre striscioni, uno dei familiari, il secondo («Fermiamo la strage») dei giovani e il terzo («Giustizia, ricerca, bonifica») con le autorità.
Tra i rappresentanti delle istituzioni assume significato particolare la presenza di Silvia Bellomo, la giovanissima presidente del Consiglio comunale dei ragazzi di Occimiano, seduta in prima fila e la cui presenza esprime la sensibilità anche dei giovani e dei giovanissimi che sono stati una componente fondamentale dell’iniziativa, con la presenza delle delegazioni di molte formazioni sportive giovanili. Insomma una sola battaglia che è ormai la battaglia di tutti, che attraversa tutte le generazioni, le classi sociali, i partiti politici e che non è più solo la lotta di Casale, non è più solo neppure la lotta dell’Italia perché, come ha detto il presidente di Andeva sottolineando il grande orgoglio e il nazionalismo del suo Paese, la Francia, «per una volta l’Italia ci dà una lezione...».

Massimiliano Francia

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