domenica 15 novembre 2009

A Casale la maledizione dell'amianto: ne ha uccisi moltissimi per ottant'anni

da Il Nostro Tempo di domenica 15 novembre 2009

Neanche l’ultima guida del Touring ne parla, ma a Casale Monferrato, accanto al Castello, al Duomo, alla Sinagoga, al palazzo Anna d’Alençon c’è un monumento di archeologia industriale che una citazione la meriterebbe, eccome: le vestigia di una fabbrica che per ottant’anni, dal 1906 al 1986, anche se fuori Casale pochi ne hanno scritto e parlato, ha drammaticamente segnato la storia della città. È ciò che rimane dell’«Eternit», la fabbrica del noto, omonimo prodotto per l’edilizia.

L’«Eternit» a Casale ha lasciato di sé un pessimo ricordo. Ciò che essa produceva era un composto di cemento e di amianto che sarebbe stato innocuo, anzi benefico, se non avesse contenuto appunto l’amianto, che, oltre ad essere uno dei più pericolosi agenti cancerogeni che si conoscano, è causa di altre gravi malattie professionali, asbestosi compresa, soprattutto alle vie respiratorie. Con l’amianto hanno dovuto fare i conti non solo i lavoratori, dagli operai agli impiegati ai dirigenti dell’«Eternit», ma tutta la città. Sono infatti morti di tumori al polmone, e più in generale di affezioni indotte dall’amianto, non solo dipendenti dello stabilimento, ma anche, e forse soprattutto, persone che all’«Eternit» non hanno mai lavorato. Mentre l’asbestosi e i tumori al polmone e alla laringe hanno colpito quasi esclusivamente i lavoratori «Eternit», i casi di morte per mesotelioma pleurico, un tumore specificamente causato dall’amianto, hanno riguardato per i due terzi del totale persone che non hanno mai avuto rapporti professionali con la fabbrica.

Ma che cos’è l’amianto? È un minerale suddiviso in varie sottospecie di silicato di magnesio che si presenta in forme filamentose. Se viene a contatto con le vie respiratorie provoca quasi sempre gravi malattie broncopolmonari e in particolare una gravissima forma di tumore, il mesotelioma pleurico, che, oltre ad essere inguaribile è anche difficilmente curabile, al punto che porta rapidamente a morte per soffocamento. Le malattie da amianto poi hanno un lunghissimo periodo di latenza e manifestano i loro tragici effetti anche dopo decine di anni.

Perché a Casale patologie amiantifere hanno colpito anche non lavoratori dell’«Eternit»? Perché, per varie ragioni, l’amianto si è diffuso in tutta la città. Ad esempio: l’amianto, tutto di importazione, veniva trasportato dalla stazione ferroviaria alla fabbrica dapprima con un trenino e successivamente con autocarri, l’uno e gli altri con cassoni scoperti, che percorrevano la parte nord-occidentale della città. Il carico e lo scarico dell’amianto avveniva all’aperto, si diffondeva nell’aria e veniva a contatto con l’apparato respiratorio anche di persone non direttamente impegnate nello stabilimento. Inoltre, i residui del minerale contenuti negli abiti di lavoro dei dipendenti contagiavano anche i loro familiari.

Chiarisce il prof. Leonardo Santi, direttore scientifico dell’Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova: «Le fibre di amianto lunghe e tortuose sono le meno dannose, mentre veramente pericolose sono quelle piccole e lanceolate. Penetrano nei polmoni provocando una fibrosi, poi arrivano alla pleura, generando una neoplasia, il mesotelioma pleurico appunto, che non lascia speranze».

Bruno Pesce prima, e successivamente Nicola Pondrano, entrambi segretari della Camera del lavoro di Casale e componenti il Comitato vertenza Amianto (cui aderisce anche l’Associazione vittime dell’amianto) e con loro molti altri sindacalisti non solo della Cgil, si sono impegnati allo stremo per liberare i lavoratori dell’«Eternit» e l’intera città di Casale dai pericoli dell’amianto. I loro appassionati interventi verso il mondo scientifico e politico hanno condotto nel 1986 alla chiusura dell’azienda e, nel 1992, alla legge che non solo ha vietato il totale impiego, l’importazione e l’esportazione dell’amianto, ma ha anche dettato norme per la decontaminazione dei siti inquinati.

Sarebbe però illusorio pensare che il problema amianto sia definitivamente risolto. La dottoressa Daniela De Giovanni, oncologa all’ospedale di Casale, allunga lo sguardo: «Il problema vero di Casale oggi». sostiene, «è rappresentato dai manufatti di cemento amianto. Nei prossimi anni il loro deterioramento e gli interventi di bonifica spontanea, prevedibilmente inadeguati, provocheranno una spaventosa dispersione di fibre d’amianto. Ciò causerà nei decenni venturi un aumento dei casi di mesotelioma tra il 30 e il 40 per cento. Purtroppo i casi di mesotelioma crescono tra le persone in età tra i 30 i 40 anni che furono esposte all’amianto da ragazzini, quando il sistema immunitario era meno in grado di fornire difese».

Come è noto, una delle ragioni per le quali la gente della Valle di Susa si oppone alla costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità, o ad alta capacità (Tav o Tac, a seconda delle convenienze di chi le sostiene) e del nuovo tunnel del Frejus, è che gli scavi che si effettueranno per realizzare le due opere emetteranno enormi quantità di rocce contenenti uranio e amianto. Le fibre di quest’ultimo, se immesse nell’atmosfera per effetto degli scavi, produrranno gravi danni alla salute pubblica. Basta riflettere sul caso di Casale Monferrato per convincersi che i valsusini hanno ragioni da vendere. Il rischio per la Tav o la Tac è, come accade all’«Eternit», di vedersi recapitare una valanga di citazioni in giudizio con richieste di indennizzi per le morti da amianto.

E a Casale, intanto, le tristi aspettative della dottoressa De Giovanni hanno trovato una conferma qualche giorno fa. Il mesotelioma pleurico, il "killer" dell’amianto, ha ucciso un uomo di 66 anni, vicedirettore di banca in pensione, che non solo non ha mai avuto niente a che fare con l’«Eternit», né per lavoro né per vicinanza residenziale alla fabbrica, ma che da giovane abitava addirittura a Popolo. Una frazione di Casale distante due chilometri dal capoluogo.

Giorgio Bobbio

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