giovedì 30 aprile 2009

Eternit: una lezione dell’Italia alla Svizzera

http://www.giustiziagiusta.info/index.php?option=com_content&task=view&id=3044&Itemid=1

di Maurizio De Santis

Le iniziative del pm Raffaele Guariniello, in quel di Torino, parrebbero oggi ai più, una specie di atto tardivo (dovuto), contro un leader mondiale del cemento composito, l’Eternit, capace di disseminare per il pianeta una quantità sorprendente di malati di asbestosi, se non di cancro.Gettando, meno distrattamente del solito, lo sguardo nel giardino dei nostri vicini dell’Unione Europea (sempre tempestivi nel denunciare le nostre carenze), sovente mi sono chiesto perché la magistratura italiana agisse così in ritardo nella tutela dei diritti dei lavoratori.Ma allorché mi sono deciso a fare una “passeggiata” presso i nostri cari dirimpettai, in cerca di paragoni che condannassero il sistema di tutela dei diritti italiota, le sorprese non sono mancate davvero! L'impresa Eternit, fondata nel 1903 a Niederurnen (Cantone di Glarus) è stata per decenni leader del mercato dell’amianto, prima in Svizzera e, quindi, in Europa. Era un’industria rivoluzionaria, che metteva in pratica l’idea geniale di un chimico austriaco, Ludwig Hatschek, che aveva appena messo a punto una tecnica per rafforzare il cemento per mezzo di fibre d'amianto. Pur lavorando sul composto amianto-cemento da oltre un secolo, essa è venuta a conoscenza dell’opinione pubblica italiana proprio a seguito delle iniziative del procuratore torinese.A dire il vero, non sarebbe stato necessario attendere le gesta di un singolo uomo di legge.Fin dal 1962, la Commissione europea aveva formulato ai suoi sei Stati membri (Germania, Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi) delle raccomandazioni accompagnate da un elenco di malattie professionali. Questa, pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, non evidenziava soltanto il rischio di asbestosi, ma anche di cancro al polmone.All'inizio degli anni 1960, il pneumologo Irving Selikoff ottenne prove indiscusse sul ruolo dell'amianto nella comparsa dei carcinomi della pleura e del polmone. Ma solo nel 2005 il divieto totale dell'amianto è entrato in vigore in Europa. Pensare a ritardi dovuti ai maneggi delle lobby cementifere, come quella belga e svizzera dell’Eternit, non è peccato.La direzione attuale dell’Eternit Svizzera ha recentemente creato, direi “obtorto collo”, una fondazione per risarcire le vittime che possono provare che la loro malattia è causata dall'amianto lavorato in fabbrica. I fondi sono limitati a 900.000 euro. Poca cosa in rapporto ai 246 milioni di euro che l’INAIL chiederà per indennizzare le vittime dell'Eternit in Italia.Nulla, in relazione alla quantità dei lavoratori coinvolti. I soldi sarebbero destinati alle persone malate che lavorano o hanno lavorato nelle due fabbriche dell'impresa in Svizzera, Niederurnen e Payerne (Vaud), sempre che possano provare l'esistenza di un nesso tra la loro patologia ed il lavoro svolto. Nessun diritto per gli emigranti (una buona metà dei lavoratori degli anni ’60 e ’70) che, nel frattempo, sono rientrati a casa propria portandosi dietro l’asbestosi, quando non un bel tumore.A garantire le cure di chi è rimasto fra mucche, montagne e laghi, sarà la SUVA. Che non è un fuoristrada per donne in carriera ma, bensì, un'ente di diritto pubblico, indipendente e non sovvenzionato. La più grande assicurazione per le coperture obbligatorie della Svizzera.Solo che c’è un piccolo problema per i sofferenti di asbestosi.Prendiamo un caso particolare, il mesotelioma. Parliamo di un cancro del polmone che interessa la pleura. Il guaio per chi soffre di asbestosi ed è magari anche fumatore, sta nelle statistiche che dicono che il 90% dei casi deriva dal tabagismo. Alla SUVA non hanno dubitato un attimo. I danni da fumo precedono senz’altro quelli dell’asbesto. Questa prima “tagliola” assicura un’importante scrematura fra chi avrebbe diritto ad un risarcimento.Ma la SUVA si è superata. Come?Prendendo a riferimento, quale criterio di accettazione di una richiesta di indennizzo, i parametri fissati dai cosiddetti criteri di Helsinki. Che consistono in questo: è’ d’uopo dimostrare di essere stati esposti per 25 anni alle fibre di amianto. Come dire, che chi s’è fermato a 10, 15 o 24 anni, è un furfantino!In Belgio, patria di Alphonse Emsens (che ne acquistò tra i primi i diritti di sfruttamento, nel 1906), e dell’altro grande dirigente incriminato, il nobile belga di 81 anni Jean de Cartier de Marchienne, la tutela dei lavoratori latita.Solo i lavoratori dipendenti diventati malati a causa dell'amianto beneficiano di una compensazione del fondo delle malattie professionali. I lavoratori autonomi, i membri della famiglia del lavoratore dipendente ed altre persone che vivono in vicinanza delle fabbriche non hanno nulla. Solo dal 2007, sotto la pressione della stampa, il governo belga ha deciso di istituire un fondo (comunque insufficiente), per queste vittime.Resta il fatto che ai lavoratori dipendenti del Belgio, colpiti da malattie professionali, è precluso trascinare i dirigenti d'impresa dinanzi ai tribunali. A meno che non sia provato un dolo intenzionale. Ma dei due dirigenti incriminati, permettetemi, quello elvetico merita una passerella. Il signor Stephan Schmidheiny è un monumento dell'economia svizzera. E’ stato un azionista di rilievo ed ha frequentato i consigli d'amministrazione da Swissair a Nestlé, dal gruppo bancario UBS alla multinazionale Asea Brown Boveri e, dulcis in fundo, di Swatch. Ex dirigente di Eternit Svizzera, il sig. Stephan Schmidheiny nega (e ci mancherebbe!), ogni responsabilità sul disastro sociale causato dal cemento-amianto, fino a vantarsi, di aver contribuito allo sviluppo economico durevole.E tanto ne è convinto, che a suo tempo lo mise per iscritto!Nel 1992 pubblicò un libro, “Cambiare rotta”, un saggio sullo sviluppo eco-sostenibile (pubblicato in Italia dal Mulino). Era il periodo nel quale riconvertì il proprio impegno finanziario, passando dalla compromettente Eternit al mondo degli Swatch. Il brand dell’oggettistica “trendy”, dei beni “emozionali”.Nel testo non c’era scritto che il cambiamento di rotta era ineludibile, vista l’oramai palese indifendibilità della sua “creatura” al cemento-amianto.Intanto in Italia, numerosi lavoratori dell’Eternit passavano a miglior vita: 1.378 a Casale, 118 a Cavagnolo, 2 a Rubiera e 384 a Bagnoli. Complessivamente 697 operai sono tuttora gravemente malati. Tra le vittime anche i loro familiari e persone che risiedevano nei pressi degli stabilimenti: 252 a Casale, 1 a Cavagnolo, 4 a Rubiera e 3 a Bagnoli.Forse il signor Stephan farebbe bene a leggersi un altro libro, quello della sua connazionale Maria Roselli, “Amiante ed Eternit, fortune ed intrighi”, dove si lamenta che morti e malati in Svizzera non sono così numerosi, magari semplicemente perché si sono adottati criteri criminali di accertamento (i famosi parametri di Helsinky).
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Commenti (2)

scritto da Maria Roselli, aprile 30, 2009
Gentile signor De Santis Ho letto con interesse il suo articolo e la ringrazio vivamente di aver citato il mio libro. Sono d'accordo in linea di massima con l'impostazione della sua riflessione: la giustizia italiana in questo caso sta impartendo una lezione di civiltà a quella elvetica. È però anche vero, e questo va detto, che anche in Svizzera, negli scorsi anni,ci sono state diverse inchieste giurdiche contro l'Eternit - tutte archiviate per prescrizione. Del resto, se adesso in Italia si arriverà ad un processo, è unicamente grazie alla lodevole perseveranza del pm Guariniello e delle famiglie delle vittime di Casale Monferrato. Un cordiale saluto da Zurigo Maria Roselli PS Mi permetto di indicare il titolo completo del mio libro, anche se dubito vivamente che Stephan Schmidheiny possa essere interassato "Amiante & Eternit - Fortunes e forfaitures" Editions d'en bas, Lausanne 2008

scritto da paolo bertossa, aprile 30, 2009
Penso si debba dire grazie a Maria Rosselli per avere reso pubblico lo scandalo, sia in Svizzera che in Italia. Probabilmente, senza le sue inchieste giornalistiche poco o nulla avremmo saputo di tutto questo.Una vergognosa tragedia.

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