martedì 7 aprile 2009

In aula i due fronti

La procura rimpolpa le accuse. Lo svizzero schiera 23 difensoriAnche il numero degli avvocati ribadisce il diverso atteggiamento processuale del magnate svizzero, Stephan Schmidheiny, e del barone belga, Jean Luois Marie Ghislain de Cartier de Marchienne. All'udienza preliminare del processo Eternit il primo ne ha schierati ben ventitre (costretti nell'aula sovraffollata ad accomodarsi nella «gabbia» degli imputati), il secondo solo due. L'erede della famiglia Schmidheiny, convertitosi all'ambientalismo sostenibile, ha offerto risarcimenti alle vittime. Somme modeste, gravate da molteplici condizioni temporali, volte a ridurre il numero delle costituzioni di parte civile. Seppur per scopi utilitari, una mossa comunque l'ha fatta. L'ottantottenne barone, invece, se ne sta ben coperto e defilato. Di certo, gode di ottima salute. Qualche giorno fa a un giornalista belga che voleva intervistarlo, la governante ha risposto: «Il barone non può essere disturbato, sta andando in bicicletta nel parco». Una «buona» notizia per le parti lese, che temono che il barone defunga prima che il processo vada a sentenza (o prima che scatti la prescrizione).Non è una buona notizia, invece, per i due accusati il supplemento d'indagine depositato venerdì scorso dal procuratore della repubblica Raffaele Guariniello. Il nuovo materiale prodotto serve a dimostrare che a tutt'oggi a Casale e dintorni ci sono stradine, cortili, solai contenenti il «polverino», il residuo della lavorazione del cemento-amianto che l'Eternit regalava alla popolazione. Il pericolo, dunque, non è cessato. Il fatto, pur essendo noto (la bonifica degli edifici civili a Casale è stata fatta solo per metà), serve a dimostrare che i vertici della multinazionale, chiusi per fallimento nel 1986 gli stabilimenti in Italia, si sono altamente disinteressati di quel che lasciavano alla loro spalle. In sostanza, i due imputati non dovranno rispondere solo di quello che hanno fatto fino all'86, ma anche di quel che non hanno fatto dopo quella data. E se per il primo periodo cercheranno di difendersi sostenendo (contro la verità) che allora «non conoscevano» i danni provocati dall'amianto, per il secondo non avranno alibi o attenuanti. Il supplemento d'indagine di Guariniello rafforza il reato di disastro doloso e, nella strategia della pubblica accusa, dovrebbe funzionare come un baluardo contro la prescrizione.Astolfo Di Amato e Guido Carlo Alleva coordinano il vasto collegio di difesa del magnate svizzero. «Non siamo defaticatori processuali, non ci presentiamo per lavorare contro», hanno dichiarato al via dell'udienza preliminare, «svolgeremo il nostro dovere di avvocati in modo appropriato e serio. Se avremo eccezioni da sollevare, saranno serie». Non confermano, ma non negano, che tra le eccezioni preliminari che solleveranno una verterà sulla competenza territoriale. Il processo si svolge a Torino, ma i siti produttivi dell'Eternit oltre che in Piemonte (Casale Monferrato e Cavagnolo) erano in Emilia Romagna (Rubiera) e in Campania (Bagnoli). Sulla manifestazione di ieri fuori dal tribunale i difensori di Stephan Schmidheiny hanno tenuto il profilo basso: «Siamo un paese civile e democratico. La nostra funzione di avvocati è di affrontare anche questi processi, avendo come scudo la legge. Siamo sicuri che i giudici saranno indipendenti».
Manuela Cartosio

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